L’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) ha pubblicato l’Annual Report sulla sorveglianza della resistenza antimicrobica in Europa. I risultati presentati si basano sui dati, relativi al 2015, delle infezioni segnalate alla rete di sorveglianza Ears-Net (Antimicrobical Resistance Surveillance Network), coordinata sempre dall’ECDC, in trenta Paesi dell’Unione Europea (UE) e dell’Area Economica Europea (EEA), e sui trend del periodo 2012-2015.
Come negli anni precedenti, la situazione europea è caratterizzata per essere ampiamente differenziata a  seconda della specie batterica considerata, del gruppo antimicrobico e dell’area geografica di riferimento. In generale, le percentuali più basse di antimicrobico-resistenza si registrano nei paesi del nord, mentre aumentano in quelli del sud e dell’est Europa. Si tratta di differenze imputabili a una pluralità di fattori, quali diversità nell’uso degli antibiotici, nella prevenzione e nelle strategie di controllo delle infezioni, e nei modelli di assistenza sanitaria.
La situazione descritta dal rapporto è particolarmente preoccupante per quanto riguarda i batteri gram-negativi, per i quali si segnalano percentuali di resistenza elevate e spesso in aumento. Nel corso degli ultimi quattro anni (2012-2015), la resistenza alle cefalosporine di terza generazione da parte di batteri come l’Escherichia coli e la Klebsiella pneumoniae si è diffusa in modo significativo, sia complessivamente a livello di UE/EEA che nei singoli Stati membri.
Come fonte di ulteriore preoccupazione, il rapporto segnala un aumento generalizzato, tra il 2012 e il 2015, della resistenza alle cefalosporine di terza generazione combinata con quella ai fluorochinoloni e aminoglicosidi. Il dato è allarmante perché, restando poche alternative di trattamento per i pazienti affetti da infezioni causate da questi batteri, aumenta il ricorso ai carbapenemi, una classe di antibiotici di ultima linea, con il conseguente rischio di accelerare la comparsa di batteri ad essi resistenti.
Le alternative di trattamento per i pazienti con infezione da batteri resistenti sia ai carbapenemi che ad altri importanti gruppi antimicrobici spesso si limitano pertanto a terapie di combinazione e ad agenti antimicrobici di vecchia generazione e con minore efficacia, come le polimixine.
Per quanto riguarda i batteri gram-positivi, la tendenza che emerge è maggiormente diversificata in tutta Europa. La diffusione dello Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) nel periodo considerato ha continuato a diminuire, passando dal 18,8% nel 2012 al 16,8% nel 2015, anche se il decremento negli ultimi anni è stato meno pronunciato rispetto al periodo 2009-2012.
Durante il periodo 2012-2015, nel caso dello Streptococcus pneumoniae le percentuali sono rimaste generalmente stabili, con variazioni su scala intra-nazionale, mentre si è assistito a un significativo aumento, generalizzato, della tendenza relativa all’Enterococcus faecium.
Complessivamente, il costante aumento della resistenza antimicrobica emergente dal rapporto desta grande preoccupazione e rappresenta una seria minaccia per la salute pubblica.  La promozione di un uso responsabile e prudente degli antibiotici e le strategie globali per la prevenzione e il controllo delle infezioni continuano dunque ad essere indicati dall’ECDC come interventi imprescindibili per contrastare efficacemente il fenomeno. (Fonte: www.aifa.gov.it)

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